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Traduzione Lis a cura di Diana Anselmo del testo Remake The Globe, lettera di adesione alla Rete Lavorat_ Spettacolo e Cultura Roma: Cosa sta succedendo in questi mesi?

La pandemia, lo sappiamo, ma forse anche qualcos’altro. Qualcosa di profondo e radicale, qualcosa di istruito, agitato, organizzato. Sta succedendo che i/le la lavorat_ dello spettacolo sono senza reddito da un anno, e a partire da questa condizione di estrema fragilità hanno iniziato ad incontrarsi, a ragionare, a mobilitarsi, riappropriandosi in prima persona della lotta per una vita degna.

Come tant_ altr_ lavorat_, viviamo in una condizione di precarietà strutturale, fatta di tutele inesistenti. Violenza, sfruttamento, fondi pubblici distribuiti secondo criteri escludenti, meccanismi quantitativi basati su profitto e iperproduttività: un sistema che nega alla cultura la sua funzione essenziale di costruzione e cura della collettività e che mina le nostre stesse esistenze.

Precar_ si era già.

E la politica?
Dopo più di un anno di pandemia e di mancate risposte da parte delle istituzioni, siamo costrett_ a barcamenarci in modo sempre più tossico tra occupazioni saltuarie, lavoro in nero, sussidi insufficienti e spesso non accessibili, ad auto-sfruttarci, a reinventarci trovando ancora altri modi di sopravvivere.
Oggi diciamo basta.

Un’onda sta attraversando l’Europa e tocca oggi anche Roma, dove incontra una rete che da mesi intreccia collettivi, gruppi e singole individualità di lavorat_ dell’arte e della cultura. Questa assemblea cittadina, stratificata ed eterogenea, oggi occupa uno spazio pubblico per affermare con forza la necessità di ripensare un settore in crisi ben prima dell’emergenza sanitaria.

È questo il tempo di rimettere in circolo energie, desideri, riflessioni. È questo il tempo di intrecciare le lotte, uscire dall’invisibilità, prendere parola.

Oggi abbiamo deciso di riappropriarci di questo spazio pubblico, per renderlo il più possibile attraversabile, tornando a praticarne il significato, trasformandolo in un’agorà. Abbiamo l’urgenza di continuare questo processo di condivisione, perché l’onda si allarghi e diventi la più ampia possibile.

Non abbiamo bisogno di riaprire i teatri e gli spazi culturali, se non esistono le condizioni per farlo, in sicurezza e per tutt_. La ripartenza indiscriminata penalizza le esperienze più fragili e alimenta la competizione, aggravando un sistema già al collasso. Scegliere tra salute e lavoro non è un'opzione discutibile. Abbiamo bisogno di ripensare strutturalmente le condizioni del nostro vivere e lavorare, dando la possibilità a tutte le soggettività che si muovono nella città di farlo con noi, immaginando modelli che siano sostenibili, fondati su pratiche collaborative dal basso, e replicabili anche altrove. Quello che viviamo sulla nostra pelle in questi mesi è solo l’inevitabile tracollo di un sistema insostenibile per tutt_noi, che se oggi tocca chi è più fragile, presto finirà per desertificare l’intero panorama.

Rivendichiamo il diritto a un reddito continuo, a una formazione retribuita e permanente, a un tempo di ricerca e studio che sia considerato lavoro. Sta emergendo chiaramente il bisogno di nuovi diritti sociali e di nuove tutele, di strumenti contro le discriminazioni e le disuguaglianze tra soggetti, accesso all'arte e alla cultura per tutt_. Difendiamo l'informalità degli spazi di produzione artistica e culturale attualmente esclusi dai circuiti di finanziamento, e ribadiamo la necessità di una revisione dei criteri di finanziamento pubblico.

Da questo luogo pubblico, che vive però di uno strano binomio tra pubblico e privato, oggi prendiamo parola. Oggi entriamo per uscire fuori e vi invitiamo a farlo con noi, per costruire un discorso collettivo in cui tutt_ possano riconoscersi e iniziare subito a immaginare insieme nuovi paradigmi, nuovi statuti, nuovi diritti sociali per il lavoro precario, autonomo, intermittente. Invitiamo singol_ lavorat_, artist_, tecnic_, operat_, compagnie, istituzioni artistiche e culturali, teatri, festival, centri di ricerca, spazi formali e informali a sostenere la nostra lotta.

Il tempo è adesso.

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